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Istituto per la Dottrina e l'Informazione Sociale

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CESPOC
Centro Studi sulla Popular Culture
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Con il contributo dell'Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana

Lo scautismo come percorso educativo: dal fascicolo popolare a un esempio contemporaneo in Sicilia

La mostra
Seconda sala

Il percorso educativo scout nel magistero di Benedetto XVI

di Massimo Introvigne

All’interno della multiforme galassia dello scautismo, il movimento cattolico delle guide e degli scout ha assunto, fin quasi dalle origini (in Italia, dal 1916), un ruolo fondamentale e in alcuni Paesi maggioritario. Come notano in occasione del centenario del 2007 i vescovi italiani, “a detta di molti, e per testimonianza dello stesso fondatore [il non cattolico Robert Baden-Powell, 1857-1941] l’incontro dello scautismo con la fede cattolica si è rivelato fecondo e provvidenziale, costituendo una scuola di crescita per cristiani autentici e una fonte di genuina spiritualità” (Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana 2007, Introduzione).

Non è pertanto sorprendente che il magistero pontificio si sia a lungo, e in modo approfondito, interessato dello scautismo, all’interno di una più generale riflessione sull’educazione. Il magistero di Benedetto XVI non fa eccezione, tanto più che il regnante Pontefice si è trovato di fronte all’evento – centrale per gli scout di tutto il mondo – del centenario della fondazione. “Infatti – come notava il 1° agosto 2007, nel giorno del centenario, il Pontefice – esattamente cento anni fa, il 1° agosto 1907, nell'Isola di Brownsea ebbe avvio il primo campo scout della storia” (Benedetto XVI 2007c). In quell’occasione Benedetto XVI ribadiva i due punti essenziali della “promessa scout” all’interno dello scautismo cattolico: “compiere il proprio dovere verso Dio e servire gli altri con generosità” (ibidem). Così, lo scautismo si configura come genuino “movimento educativo”, capace di “produrre fecondi frutti di formazione umana e civile in tutti i Paesi del mondo”. Né si tratta solo di “ritemprare le forze del corpo e dello spirito” (Benedetto XVI 2005): più in profondità, lo scautismo cattolico mira a “risvegliare e formare la personalità dei giovani” educandoli “all’incontro con il Cristo e alla vita nella Chiesa” (Benedetto XVI 2007a).

In questo spirito, il Papa ha voluto personalmente partecipare alla celebrazione del centenario del 2007. Acquista anzitutto un particolare significato simbolico il passaggio in Vaticano della “Fiamma dello spirito”, un’iniziativa della AISG (Amicizia Internazionale Scout e Guida), l’organizzazione internazionale degli adulti scout, che in occasione del centenario ha portato una fiaccola partita da Nyeri, in Kenya, dove Baden-Powell morì l’8 gennaio 1941 e dove si trova la sua tomba, e arrivata il 31 luglio 2007, vigilia del centenario, sull’isola di Browsea, dove come si è accennato il 1° agosto 2007 fu organizzato il primo campo scout. Il 1° luglio 2007 la “Fiamma dello spirito” è passata da Roma ed è stata salutata dal Papa nel corso dell’udienza generale (Benedetto XVI 2007b).

Il giorno successivo, 2 luglio, è stato reso pubblico il documento più importante di Benedetto XVI per il centenario scout, la Lettera all’Em.mo Card. Jean-Pierre Ricard, Presidente della Conferenza Episcopale di Francia, in occasione del centenario dell’esperienza degli scout, datata 22 giugno 2007. Il Papa vi ricorda anzitutto il solenne rinnovo della promessa scout nel giorno del centenario, che in quanto legata a un “gesto in favore della pace” conferma ogni scout nella sua vocazione di “artefice di pace” (Benedetto XVI 2007a).

Benedetto XVI entra quindi nel merito della pedagogia scout, “formazione integrale della persona umana” attraverso un itinerario originale che comprende di volta in volta “il gioco, l’azione, l’avventura, il contatto con la natura, la vita di squadra e il servizio agli altri”. Non solo: in quanto “fecondato dal Vangelo”, lo scautismo cattolico “è non soltanto un luogo di vera crescita umana, ma anche il luogo di una proposta cristiana forte e di una vera maturazione spirituale e morale, così come è un autentico cammino di santità”. “Il senso delle proprie responsabilità che la pedagogia scout risveglia conduce a una vita nella carità e al desiderio di mettersi al servizio del proprio prossimo, a immagine del Cristo servitore, appoggiandosi sulla grazia che il Cristo stesso dona, in particolare attraverso i sacramenti dell’Eucaristia e del Perdono” (Benedetto XVI 2007a).

Il Papa ricorda peraltro le parole del gesuita Jacques Sevin (1882-1951) secondo cui la santità non è “prerogativa esclusiva di alcuna uniforme particolare”. Questa citazione introduce una riflessione sullo spinoso tema delle divisioni che si sono manifestate in seno allo scautismo cattolico, non solo in Francia. La Francia è in effetti caratterizzata oggi dalla compresenza di oltre ottanta organizzazioni scout concorrenti (non tutte cattoliche), di cui nove riconosciute dal Ministero della Gioventù e dello Sport. Tra queste, la più grande è quella degli Scout e Guide di Francia, organismo cattolico con 64.000 membri, ampiamente maggioritario all’interno della Federazione dello scautismo Francese, che arriva a 82.600 membri federando insieme al gruppo cattolico altri quattro movimenti di origine rispettivamente laica, protestante, ebraica e musulmana. Concorrente della Federazione è la Conferenza francese di scautismo, che conta 28.000 membri e la cui componente maggioritaria, cattolica, è quella degli Scout e Guide d’Europa (26.600 membri), nati nella seconda metà degli anni 1950 per reazione a quella che era percepita come una svolta “progressista” degli Scout e Guide di Francia, tale secondo i promotori di questa branca da rischiare di mettere in secondo piano il carattere specificamente e dichiaratamente cattolico voluto da Padre Sevin, e riconosciuti dalla Conferenza Episcopale Francese al termine di un lungo (e non sempre facile) cammino nel 2001, poi nel 2003 dal Pontificio Consiglio dei Laici come associazione privata di laici di diritto pontificio. Una terza branca dello scautismo cattolico francese è quella degli Scout e Guide Unitarie di Francia (23.000 membri), che non aderisce né alla Federazione né alla Conferenza, e che si è separata dagli scout di Francia non accettando la separazione in due gruppi di età (12-14 anni e 15-17 anni), con due diverse pedagogie, dei giovani fra i 12 e i 17 anni, che questo gruppo vuole invece tenere insieme ( di qui l’aggettivo “unitarie” nel nome).

Pur notando le diverse “sensibilità di ciascun movimento”, Benedetto XVI ricorda gli interventi di Giovanni Paolo II che – anche in relazione all’Italia e alla Polonia – cercò di fare appello all’unità fra i vari gruppi scout di ispirazione cattolica, auspicando e ottenendo almeno momenti di coordinamento e di collaborazione. Il Papa ribadisce che solo una “maggiore unità” renderà una completa testimonianza all’ideale di quella “fraternità scout” che “fa parte dell’ideale scout originario e che costituisce, specialmente per le giovani generazioni, una testimonianza di quello che è il Corpo di Cristo dove, secondo l’immagine di san Paolo, tutti sono chiamati a compiere una missione, al posto che è il loro, a rallegrarsi dei progressi degli altri e a sostenere i loro fratelli nella prova” (Benedetto XVI 2007a: il riferimento è a 1 Corinzi 12, 12-26).

Tuttavia l’unità e la fraternità non possono realizzarsi, secondo il Pontefice, solo intorno a nomi, a sigle e a ricordi di un passato, per quanto glorioso. Decisivi sono i contenuti: gli scout cattolici “devono, anzitutto, risvegliare e formare la personalità dei giovani che sono loro affidati dalle famiglie, educando all’incontro con il Cristo e alla vita nella Chiesa”; devono “proporre ai ragazzi e alle ragazze di oggi una pedagogia che formi in loro una personalità forte, fondata sul Cristo e desiderosa di vivere ideali elevati di fede e di solidarietà umana”. Non sembra essere tanto la possibile contrapposizione fra scout laici e cattolici quella che preoccupa Benedetto XVI – il quale ricorda anzi i richiami religiosi negli scritti dello stesso fondatore Baden-Powell – quanto il fatto che gli scout cattolici siano, in effetti, cattolici e la loro pedagogia educhi non solo alla “solidarietà umana” ma alla “fede” e alla “vita nella Chiesa” (Benedetto XVI 2007a).

Assume rilievo, in questo senso, la risposta che Benedetto XVI dà, il 6 aprile 2006, in un incontro con i giovani di Roma e del Lazio, a una ragazza che si presenta come Aiuto Capo Scout dei Lupetti nella Parrocchia di San Gregorio Barbarigo, e che gli chiede che cosa il Papa si aspetta da lei. Benedetto XVI risponde dicendosi convinto che la maggiore minaccia all’educazione cristiana oggi “sia il secolarismo: cioè un modo di vivere e di presentare il mondo come ‘si Deus non daretur’, cioè come se Dio non esistesse. Si vuole ridurre Dio al privato, ad un sentimento, come se Lui non fosse una realtà oggettiva e così ognuno si forma il suo progetto di vita. Ma, questa visione che si presenta come se fosse scientifica, accetta come valido solo quanto è verificabile con l’esperimento. Con un Dio che non si presta all’esperimento immediato, questa visione finisce per lacerare anche la società: ne consegue infatti che ognuno si forma il suo progetto e alla fine ognuno si trova contro l’altro. Una situazione, come si vede, decisamente invivibile” (Benedetto XVI 2006). Il secolarismo, in questo senso, è il fallimento dell’educazione. Al contrario, incalza il Papa, “dobbiamo rendere nuovamente presente Dio nelle nostre società. Mi sembra questa la prima necessità: che Dio sia di nuovo presente nella nostra vita, che non viviamo come se fossimo autonomi, autorizzati ad inventare cosa siano la libertà e la vita. Dobbiamo prendere atto di essere creature, constatare che c’è un Dio che ci ha creati e che stare nella sua volontà non è dipendenza, ma un dono d’amore che ci fa vivere” (Benedetto XVI 2006).

Dunque il primo compito della pedagogia, anche per gli scout cattolici, è guidare i giovani a “riconoscere nella mia vita che Dio c’è, e che Dio c’entra”. Ma “se riconosciamo che Dio c’è, che la nostra libertà è una libertà condivisa con gli altri e che deve esserci quindi un parametro comune per costruire una realtà comune”, c’è una seconda domanda cui questa pedagogia deve aiutare a rispondere. “Quale Dio?”. Infatti, nota il Pontefice, ci sono in giro “tante immagini false di Dio”. Si tratterà dunque di “riconoscere il Dio che ci ha mostrato il suo volto in Gesù, che ha sofferto per noi, che ci ha amati fino alla morte e così ha vinto la violenza. Occorre rendere presente, innanzitutto nella nostra ‘propria’ vita, il Dio vivente, il Dio che non è uno sconosciuto, un Dio inventato, un Dio solo pensato, ma un Dio che si è mostrato, ha mostrato sé stesso e il suo volto. Solo così, la nostra vita diventa vera, autenticamente umana e così anche i criteri del vero umanesimo diventano presenti nella società”. La compagnia scout può essere un tramite educativo prezioso per questa vera vita. Infatti, secondo Benedetto XVI, “non possiamo essere soli nel costruire questa vita giusta e retta, ma dobbiamo camminare in compagnia di amici giusti e retti, di compagni con i quali possiamo fare l’esperienza che Dio esiste e che è bello camminare con Dio” (Benedetto XVI 2006).

Uno spirito ripreso anche dai vescovi del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, nel loro messaggio del 23 aprile 2007 agli scout cattolici italiani in preparazione del centenario. I vescovi ricordano agli scout che essere accoglienti non significa perdere l’identità cattolica: l’accoglienza dell’altro “– per non condurre a un’educazione superficiale e priva della necessaria identità cristiana – chiede di saper conciliare la capacità di un dialogo rispettoso della diversità delle culture e delle storie personali con la chiarezza e la completezza della proposta evangelica. Non saremo più accoglienti se saremo meno cristiani. È piuttosto vero il contrario” (Consiglio permanente della CEI 2007, 3).

Di qui la raccomandazione di “praticare una condotta lineare, ispirata alla fedeltà verso la Chiesa, che aiuti i giovani ad affrancarsi dalle suggestioni di modelli culturali o di costume apparentemente innovatori, ma in realtà piattamente conformisti e fondati sulla falsa quiete del relativismo, per il quale alla fine non esiste più nulla per cui valga la pena di morire, e quindi anche di vivere. Raccogliere questa sfida chiede alle associazioni scouts cattoliche la capacità di modellare la propria proposta educativa affinché essa conservi la sua peculiare genialità e attualità” (Consiglio permanente della CEI 2007, 2).

La proposta educativa scout che emerge dal magistero di Benedetto XVI è una proposta gioiosa ma esigente, che non fa sconti al relativismo e al materialismo della cultura dominante, e che ricorda che vale la pena di vivere solo per quello per cui vale la pena anche di morire.

Riferimenti

Benedetto XVI. 2005. “Udienza generale, 10 agosto 2005”.

Benedetto XVI, 2006. “Colloquio con i giovani della Diocesi di Roma e del Lazio in preparazione alla XXI Giornata Mondiale della Gioventù”, del 6.4.2006.

Benedetto XVI. 2007a. Lettera all’Em.mo Card. Jean-Pierre Ricard, Presidente della Conferenza Episcopale di Francia, in occasione del centenario dell’esperienza degli scout, del 22.6.2007.

Benedetto XVI. 2007b. “Udienza generale, 1° luglio 2007”.

Benedetto XVI. 2007c. “Udienza generale, 1° agosto 2007”.

Consiglio permanente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana). 2007. Messaggio dei Vescovi del Consiglio Permanente della CEI agli scouts cattolici in Italia.