La mostra
Terza sala
La pedagogia in azione: un'esperienza in Sicilia
Cento anni, ma non li dimostra. Lo scautismo, un movimento per il futuro: alcune riflessioni dalla Sicilia
di Giovanni Perrone
Il 2007 è stato un anno speciale per gli oltre quaranta milioni di guide e scout sparsi nel mondo: cento anni da quando Lord Robert Baden-Powell (1857-1941) radunò un gruppo di ragazzi nell’isola di Brownsea per il primo campo scout. Un’esperienza feconda. Infatti, lo scautismo in questi cento anni di vita è diventato il più grande movimento educativo del mondo, un movimento di giovani in cui gli adulti sono “fratelli maggiori”che accompagnano i ragazzi nella loro crescita e li orientano verso quei valori positivi evidenziati dalla Legge e dalla Promessa scout. Giovani e meno giovani, ricchi e poveri, operai e professionisti che, insieme, al di là delle barriere linguistiche e culturali, sono impegnati nel costruire “un mondo migliore”, così come ha lasciato scritto nel suo testamento il fondatore Baden-Powell, un generale inglese che, a cinquant’anni, al culmine di una splendida carriera, insieme alla moglie, decise di dedicarsi totalmente all’educazione dei giovani.
Dopo un secolo di vita lo scautismo è ancora un metodo educativo valido? È utile alle nuove generazioni e alla società? La pedagogia scout ha ragion d’essere?
Di fronte al bricolage educativo dell’oggi, ove molte scelte educative sono legate a logiche sommative, senza attenzione alla persona che cresce, “lo scautismo, considerato come teoria e pratica dell’educazione scout, è una metodologia dell’educazione in quanto produzione pedagogica, è metodica dell’educazione in quanto prodotto pedagogico, ed è metodo educativo in quanto sistema procedurale che produce azioni ed effetti educativi (…). È un metodo di educazione estrascolastico ed extrafamiliare (…) caratterizzato da continuità e integralità”1. Continuità e integralità, due aspetti che ogni percorso educativo non può trascurare. D’altra parte non si può trascurare il fondamentale ruolo che l’associazionismo educativo ha svolto e svolge per la formazione dei giovani, per la maturazione di una coscienza democratica e per lo stesso sviluppo della comunità ecclesiale. E questo specialmente in un periodo in cui è fortemente presente una mentalità individualistica e consumistica.
1. Competenze per governare il futuro e per vivere bene
Chi educa ha la responsabilità di aiutare nel governo dell’oggi e, nel contempo, di favorire la maturazione di competenze adeguate a gestire il futuro. “Una competenza strategica primaria, di tipo ‘meta’ è quella di governare l’incertezza e di affrontare attivamente il cambiamento. Adattarsi, anticipare, innovare, rischiare diventano, quindi, competenze strategiche di primaria importanza, attrezzi culturali di sopravvivenza di soggetti e organizzazioni (…). Si pensi a titolo esemplificativo, a competenze strategiche quali problem solving, creatività, autonomia, capacità relazionale, equilibrio emotivo…”2. L’esperienza scout favorisce la maturazione di queste competenze e orienta verso una vita di qualità.
Nel corso dei secoli l’uomo ha sempre cercato di viver bene. Auguriamo a noi stessi e agli altri di star bene. “L’aspirazione etica alla vita buona comporta la stima di sé; la vita buona, infatti, è per sua natura dialogica e condivisa con altri, è vita in comune, con e per gli altri. La stima di sé si accompagna pertanto con la stima e la sollecitudine per gli altri (…). Una vita buona, da vivere con e per gli altri, entro istituzioni giuste, questo è il ternario dell’etica”3. Possiamo ben adattare l’affermazione del grande filosofo contemporaneo Paul Ricoeur (1913-2005) allo scautismo. Parafrasando Baden-Powell e Ricoeur si può dire: il movimento scout è un’istituzione giusta ove apprendere a divenire felici impegnandosi per realizzare la felicità altrui.
Il rapporto 2007 del CENSIS così descrive l’odierna società: “Disillusa dalla politica e dalle istituzioni, la società italiana continua a perdere l'identità collettiva. Si frammenta sempre più e, mossa da pulsioni ed emozioni individuali, si ritrova a essere una poltiglia di massa, inconcludente e senza sguardo al futuro (…). È la 'degenerazione antropologica’ la modalità espressiva quotidiana degli italiani. Ne sono teatro gli stadi e le famiglie. In casa aumentano violenze e separazioni”4. La vita scout, ove interagiscono il fare e l’agire, ove sin da piccoli s’insegna a percorrere un cammino personale e comunitario orientato da valori ben definiti, non è certamente il toccasana di ogni male, ma può costituire un buon antidoto a diversi mali dell’odierna società.
Dobbiamo tener presente che non sempre i ragazzi oggi riescono a trovare luoghi idonei alla loro crescita e, perciò, a maturare il senso della comunità, necessario a comprendere e vivere pienamente nella comunità ecclesiale e sociale. La cosiddetta “società a coriandoli” (come l’ha definita il sociologo Giuseppe De Rita), la disgregazione di tante famiglie e degli ambienti di vita, la difficoltà della scuola a essere comunità, i molti non luoghi ove i ragazzi trascorrono il tempo libero, i numerosi percorsi virtuali e non concreti, la proposta di modelli negativi … non favoriscono di certo l’esercizio di un’idonea vita comunitaria ove incontrare persone e valori e ove maturare adeguati e coerenti progetti e stili di vita. Perciò l’associazione educativa è una fondamentale risorsa per ogni persona e ogni società. In essa, in particolare, si apprendono e si esercitano i valori della democrazia e della cooperazione per la costruzione del “bene comune”. “Ai ragazzi manca uno sfondo – scriveva il fondatore nella prefazione al Libro dei Capi, il manuale degli educatori scout –. Ebbene, noi abbiamo uno sfondo da dar loro ed è lo sfondo che Iddio ha provveduto per ognuno di noi: l’aria aperta, la felicità, l’essere utili agli altri”5.
Gli “ingredienti” che hanno favorito la rapida diffusione di questo movimento educativo risultano ancora validi: la vita all’aperto (ove si esercitano essenzialità e competenza, riflessività e fraternità, intelligenza e prontezza, essenzialità e fatica); l’avventura, una costante sfida a se stessi per migliorarsi e apprendere a servire il prossimo; il dialogo intergenerazionale, mediante il quale adulti e giovani sperimentano il loro sentirsi in cammino verso mete sempre più elevate; la comunità, spazio di condivisione di valori, esperienze, competenze, impegni.
2. Un “grande gioco” che valorizza le giovani generazioni e le rende protagoniste
“L’aspetto fondamentale del Movimento scout è il suo spirito – affermava il suo fondatore – e la chiave per comprenderlo è l'avventura fantastica della scienza dei boschi (…). Quando un gruppo risuona di allegre risate e i suoi scout si entusiasmano a sempre nuove avventure, non c'è alcun pericolo che i ragazzi se ne allontanino perché si annoiano”6.
Spirito scout è ricerca, voglia di cooperare con gli altri, desiderio di progettare e costruire, impegno per risolvere i problemi. È andare a vedere cosa c’è oltre l’orizzonte, verificare il senso delle cose, rendersi utili agli altri, entusiasmo e intraprendenza per “lasciare il mondo migliore di come lo si è trovato”7. È sfidare se stessi per divenire persone responsabili, attive, competenti, autonome. È stile di vivere secondo i valori della Legge e della Promessa.
Lo scautismo, amava ripetere B.-P. (così chiamano gli scout il loro fondatore), non è una scienza astrusa, ma “un gioco per ragazzi, diretto dai ragazzi, in cui i fratelli maggiori possono dare ai loro fratelli più giovani un ambiente sereno, incoraggiandoli ad attività sane che li aiuteranno a sviluppare il loro civismo”8.
Robert Baden-Powell non era un pedagogista, aveva però un elevato senso civico, religioso ed educativo. Egli riconosce la specificità dell’infanzia, è consapevole che per essere buoni educatori occorre saper valorizzare le risorse tipiche di ogni età, aver fiducia nei ragazzi e affidar loro vere responsabilità per la maturazione in competenza e autonomia.
“I ragazzi hanno un mondo tutto loro, un mondo che si creano da soli (…). Il codice dei ragazzi raccomanda il rumore. Il rischio, il movimento. Ridere, lottare, mangiare! Ecco i tre elementi indispensabili al mondo dei ragazzi (…)”9.
L’atto iniziale del processo educativo deve essere, secondo il fondatore, l’accettazione del ragazzo, anche del peggiore, perché in ogni ragazzo c’è del buono da fare sviluppare.
Il ragazzo ama l’avventura, e lo scautismo gliela permette tramite la vita all’aperto. Lo scautismo è, infatti, un grande gioco, ove giocare significa, come in tutta la pedagogia moderna, impegnarsi con gioia per raggiungere dei successi. La vita che lo scautismo propone è vista come “una strada verso il successo” piena di speranza e di ottimismo. Di fronte al calo di motivazione che si registra, a livello mondiale, negli ambienti educativi, lo scautismo ha come scopo di far riscoprire ai ragazzi il gusto di vivere la vita come un gioco che ha regole chiare e positive, ma che nel contempo dà spazio al protagonismo dei ragazzi, alla loro creatività, alla gratificazione per quanto si realizza con e per gli altri.
Baden-Powell critica la staticità della scuola tradizionale. A proposito, riprendendo un articolo pubblicato dalla rivista Teachers’ World, così scriveva “Chi ha mai sentito un ragazzo, un ragazzo normale, sano, pregare il padre di compragli un banco di scuola? (…) Un ragazzo non è un animale da tavolino, e non è fatto per restare seduto intere mattinate (…). È un ragazzo, Dio lo benedica, pieno di allegria, di combattività, di appetito, di audace monelleria, di rumorosità, di spirito di osservazione, di agitazione, fino a traboccarne. Se no, è un anormale”10. Orientare e incanalare questa forte voglia di vivere perché divenga gioia di vivere con e per gli altri è un aspetto fondamentale della pedagogia scout e dovrebbe esserlo di ogni ambiente educativo, quale a esempio la scuola.
Lo scautismo ha dato e continua a dare un significativo contributo al rinnovamento della scuola. In Italia due grandi educatori, Gesualdo Nosengo (1906-1968) e Mario Mazza (1882-1959), attivamente impegnati con ruoli dirigenziali sia nella scuola sia nello scautismo, hanno preso parecchio dal metodo scout per rinnovare la scuola. Diversi pedagogisti operanti nelle varie università del mondo riconoscono di avere radici nella formazione scout. Ciò che si apprende nella vita scout, secondo B.-P., dovrebbe essere affiancato agli apprendimenti propri della scuola tradizionale per renderla più capace di motivare i ragazzi. In questo senso il Ministero della Pubblica Istruzione ha stilato un protocollo con le associazioni scout al fine di fare interagire scuola e scautismo. Da una decina di anni i centri scout nazionali del Settore specializzazioni dell’AGESCI, tra i quali quello di Marineo in Sicilia11, organizzano periodiche attività di educazione ambientale per le classi scolastiche in cui interagiscono insegnanti ed educatori scout, sia nella fase progettuale sia in quella di conduzione e verifica. Nello stesso centro, che opera da trentacinque anni, si svolgono corsi di formazione per educatori e insegnanti e iniziative rivolte ad adolescenti. Diversi gruppi scout, non solo in Sicilia, operano con le scuole per realizzare progetti comuni, rivolti principalmente all’educazione ambientale e all’educazione alla legalità. Scoperta, competenza, responsabilità, autonomia sono le tappe della progressione degli scout, un progredire che vede ciascuno protagonista della propria crescita. In particolare, in età adolescenziale la sfida dello scautismo si concretizza nel credere nelle potenzialità di ogni ragazzo (“anche nel peggior ragazzo c’è almeno il cinque per cento di buono dal quale partire per la sua formazione”, amava ripetere B.-P.), nel dar fiducia ai giovani. Esempio concreto è la squadriglia, un gruppo di sei-otto ragazzi, dai dodici ai quindici anni, ove la responsabilità della guida viene affidata a uno di loro; è una forte responsabilità che stimola l’adolescente a maturare e a farsi esempio positivo per i più piccoli. La squadriglia, elemento tipico del metodo scout inserita nella comunità di reparto, è ambiente di crescita ove si esercitano democrazia, interazioni tra ruoli e competenze diverse, progettualità, condivisione, solidarietà.
3. Una Legge e una Promessa che orientano e impegnano per tutta la vita
Gli scout, sin da piccoli, sono stimolati a “far del proprio meglio”, a vivere ogni loro giornata con “stile”, cioè con un costante modo di essere che fa interagire valori e quotidianità. Lo stile scout si esprime in buonumore, in prontezza (“Sempre pronti” è il loro motto), nel lavoro ben fatto, nel servizio ai più bisognosi, nella sensibilità per i problemi sociali, nella gioia di essere comunità, nel coraggio di cambiare in meglio, nel crescere in responsabilità e competenza, nell’interazione tra il pensare e l’agire, nella fede vissuta e testimoniata. La Promessa è un costante richiamo a far sempre del proprio meglio nell’adempimento dei propri doveri, a spendersi generosamente per il bene comune, così come ha ricordato lo stesso Sommo Pontefice, Benedetto XVI, nel salutare gli Scout d’Europa presenti all’udienza del 1° agosto 2007, giorno in cui guide e scout nelle varie parti del mondo hanno rinnovato la Promessa in occasione del centenario del movimento12. A tale proposito, Papa Giovanni Paolo II, così si rivolgeva alle guide e agli scout dell’AGESCI e agli adulti scout del MASCI il 23 ottobre 2004: “Oggi avete voluto rinnovare la Promessa davanti al Papa, e io sono lieto di essere testimone del vostro proposito di essere fedeli a Dio che vi chiama a vivere la comunione e l’amicizia con Lui; fedeli a voi stessi, nella ricerca e nella realizzazione del progetto che il Padre, nel suo amore, ha elaborato per ciascuno; fedeli verso il prossimo, che attende da voi il dono di un impegno pienamente umano e cristiano. In questo impegno di fedeltà vi è di aiuto la Legge scout, mediante la quale, come il vostro fondatore, Lord Baden-Powell, amava dire, voi potete rendere possibile l’impossibile. Il Papa guarda a voi con fiducia e con speranza, e vi accompagna nella grande avventura della vita con la sua preghiera e la sua simpatia. A voi, coccinelle e lupetti, chiedo di fare ogni giorno ‘del vostro meglio’ per crescere gioiosamente nel Cerchio e nel Branco, scoprendo le meraviglie del creato. Esorto voi, guide ed esploratori, ad ‘essere sempre pronti’ per il bene, mentre fate con il reparto l’esperienza della responsabilità e imparate a essere membri attivi della comunità ecclesiale e di quella civile cui appartenete. Chiedo a voi, scolte e rover, di impegnarvi a fare del verbo ‘servire’ il motto della vostra vita, nella convinzione che il dono di voi stessi è il segreto che può rendere bella e feconda l’esistenza. Penso infine a voi che ricoprite nell’Associazione il ruolo difficile ed esaltante di Capi. A voi è affidata la responsabilità di accompagnare nel cammino della vita tanti fanciulli, ragazzi e giovani, che attendono da voi di essere aiutati a crescere armoniosamente, per contribuire all’edificazione di un mondo di amicizia e di solidarietà. Siate uomini e donne che, facendo riferimento al Vangelo di Gesù, sanno educare altri a vivere nella libertà e nella responsabilità, a ‘nuotare contro corrente’ per vincere la tentazione dell’individualismo, della pigrizia, del disimpegno (…). Non abbiate paura di avanzare con fantasia, sapienza e coraggio sulle strade dell’educazione delle giovani generazioni. Il futuro del mondo e della Chiesa dipende anche dalla vostra passione educativa!”13.
È una passione che spinge a sentirsi e a essere in cammino per i “sentieri del mondo”. La strada, infatti, caratterizza vari momenti della vita scout e, in particolare, l’età dell’adolescenza e della prima giovinezza, è esperienza concreta e metafora del vivere. “Mettersi per strada da scout significa accettare di ridefinire le categorie del vicino e del lontano, del familiare e dell’estraneo. Insegna a vedere le cose anche dal punto di vista degli altri, attraverso l’esperienza degli orizzonti che cambiano. Insegna un nuovo concetto di cittadinanza, di appartenenza e di responsabilità, dove l’altro è un possibile amico piuttosto che un potenziale nemico. Essa educa a comprendere che il bene non è un concetto teorico, non è un’astrazione e non è nemmeno un sentimento o un’emozione, ma è un’azione concreta, alla quale ci chiama l’esistenza stessa di un ‘altro da noi – uguale a noi’”14. L’esperienza della strada si ricollega al peregrinare di Gesù con i suoi discepoli per le vie della Palestina, al peregrinare dei cristiani. Non è un andare senza meta, ma un andare “per” e “con” al fine di incontrare se stessi, gli altri, Dio, il mondo e raggiungere mete elevate.
Proprio per questi aspetti su accennati nel corso di questi cento anni lo scautismo è stato, a ragione, definito “scuola di civismo e di democrazia”, “strada di santità”; “sentiero per la conquista della vera libertà”.
4. L’educatore, un fratello maggiore
Oggi c’è difficoltà di dialogo tra le varie generazioni, in famiglia, a scuola, nelle istituzioni, nella società. Lo scautismo favorisce il dialogo intergenerazionale. I più grandi sono fratelli maggiori, compagni di viaggio che condividono esperienze e valori, difficoltà e problemi. Si apprende l’arte dell’accompagnare, del “trapasso delle nozioni”, del sostenersi vicendevolmente, del competere per migliorare se stessi e gli altri, del farsi dono generosamente e gratuitamente. “Nello scautismo il patto tra le generazioni si chiama rapporto capo-ragazzo e si esplica nel trapasso delle nozioni, nella progressione personale, nello stimolo all’autoeducazione (…). Il capo è un adulto che contribuisce alla crescita di ciascuno e della comunità, nella quale vive nello spirito del fratello maggiore, testimoniando i valori scout con il proprio esempio. Egli fornisce ai ragazzi e alle ragazze – in un clima di reciproca fiducia – mezzi e occasioni concrete per vivere i valori dello scautismo e per comprendere sempre più profondamente i significati delle esperienze vissute”15. Capo e ragazzo operano insieme in un clima di apprendimento comune. Il capo accompagna e orienta il ragazzo e lo aiuta a divenire sempre più responsabile e autonomo perché egli apprenda a “guidar da sé la propria canoa”, come era solito affermare Baden-Powell.
“Il successo nell’educazione del ragazzo – scriveva B.-P. – dipende in larga misura dall’esempio del capo (…). È necessario che il capo si ponga nella posizione di un fratello maggiore, cioè che sappia vedere le cose dal punto di vista dei ragazzi, li guidi, li diriga e dia loro entusiasmo nella giusta direzione”16. Ciò che viene chiesto agli educatori scout è di essere testimoni credibili. Infatti, “il rapporto educativo si gioca nella pazienza quotidiana, nell’esercizio della fedeltà (a Dio attraverso gli altri), nella continua attenzione a camminare insieme, con la fiducia e l’entusiasmo di stare vicini ai ragazzi e di essere per loro testimoni credibili”17. I ragazzi spesso sono lasciati soli nella fatica del diventare adulti e vengono disorientati da mille stimoli; essi hanno bisogno di avere sapienti e saggi compagni nell’avventura della crescita. L’educatore spesso si pone come colui che vieta, non come colui che orienta, e ciò li disorienta ancor di più. I ragazzi hanno bisogno di essere pazientemente accompagnati, con saggezza e con sapienza, con rispetto per ciascuno, perché anch’essi maturino – mediante esperienze significative e una positiva relazionalità con adulti significativi – in saggezza e sapienza.
5. Una fede vissuta
La religiosità fa parte integrante della vita scout, non è un insieme di pratiche incollate alle attività, ma ispira tutte le attività orientando lo scout verso il bene. Scriveva Baden-Powell che la spiritualità scout si fonda su due punti: “amare e servire Dio, amare e servire il prossimo”18. La stessa vita a contatto della natura, favorendo il senso della meraviglia, il gusto del bello, la riflessione e la contemplazione spinge a interagire con Dio. Lo scautismo invita a camminare, con responsabilità, lungo i sentieri del mondo e della vita. “La vita dell’uomo e ancor più del credente, è un cammino. La strada è una parabola antica, che può essere raccontata e vissuta in maniera sempre nuova nelle diverse età e situazioni della vita. L’incontro con le tracce lasciate da altri uomini, l’essere insieme ai fratelli, la scoperta di nuovi orizzonti (…) sono tante esperienze che rendono il cammino meno faticoso, anzi appassionante e significativo. Soprattutto la scoperta di Dio come compagno di viaggio, spinge a percorrere il sentiero della fede, come quello che solo può portare a vivere il segreto della vita e della felicità: dare la felicità agli altri (…). L’azione educativa scout ha, infatti, lo scopo di condurre ogni ragazzo alla maturità della fede, mediante una proposta graduale, coerente e continua, ad ampio respiro (…). I primi a camminare su questa pista sono i capi e gli assistenti ecclesiastici, nel loro ruolo di educatori della fede (…)”19. La vita scout, se ben vissuta, favorisce il dialogo e il silenzio, il pregare e l’agire, la comunità e la solitudine, l’ascoltare e il parlare, l’incontro con se stessi, con gli altri, con Dio. Lo scautismo cattolico è stato definito sin dalle origini “strada di santità” (così come è specificatamente richiamato dal Direttorio della FSE) che “dà il primato alla vocazione di ogni cristiano alla santità. Uno Scout o una Guida devono vivere la Promessa, i Principi e la Legge secondo le esigenze dello spirito del ‘Discorso della Montagna’, che è la vera carta di ogni vita cristiana. In questo senso la FSE è chiamata a essere sempre più strumento di santità nella Chiesa, strumento che favorisce e incoraggia una più intima unità fra la vita concreta dei suoi membri e la loro fede”. Il mitico scout francese Guy de Larigaudie (1908-1940), morto giovane in fama di santità, invitava gli scout ad avere “un amore di Dio così profondo, così intenso, che affiora sulle labbra lungo l’intera giornata. Ciò è positivo e permette di stare in piedi contro i venti e le maree”20. A proposito, c’è da ricordare che è in corso la causa di beatificazione di un giovane scout palermitano, Giuseppe Mario Restivo (1963-1982), morto a 19 anni, nel 1982, mentre era in route verso Taizè. Così si legge nel suo “Taccuino di marcia” di giovane rover diciassettenne: “Voglio essere coerente (…). Signore, non mi fare essere come le vergini stolte che non sono pronte (…). Cristo mi chiama a illuminare il mio sentiero e anche quello dei miei amici, di tutti gli altri (…). Tu, Signore, sei lampada per i miei passi e la tua Parola è luce per me, luce che rischiara il mio cammino (…). Aprimi, Signore, i tuoi orizzonti, spazi infiniti di luce”21.
6. Una cittadinanza attiva
Sin dalle origini il movimento scout si è fatto carico della formazione di buoni cittadini, dell’educazione alla non violenza e alla pace. Il carattere internazionale del Movimento, con i suoi incontri che fanno interagire ragazzi e adulti di cultura e religione diversa (al di là dei conflitti che possono dilaniare le loro terre rendendoli nemici) favoriscono il confronto, il lavorare insieme, il conoscersi per valorizzarsi superando qualsiasi barriera. Lo scautismo è definito, infatti, una fratellanza mondiale tra persone di buona volontà che cooperano per costruire un mondo migliore. Così scriveva nel 1923 il fondatore: “‘Buona volontà e cooperazione’ è la parola d’ordine del nostro Movimento, e quando essa viene messa in pratica in un Paese, quando il bene comune è promosso da tutti al di là degli interessi di parte, quando tutti offriamo anziché cercare di arraffare, allora veramente vedremo la pace e la prosperità regnare tra di noi”22.
L’invito per i più piccoli a fare ogni giorno almeno una buona azione a favore del prossimo, a essere “buoni samaritani”, diviene man mano che si cresce forte impegno di generosa e coerente presenza nell’ambiente ove si vive. Diviene impegno sociale e politico per un qualificato servizio alla società, per interagire con le istituzioni per costruire un mondo migliore. È un impegno che si esplicita per i capi scout anzitutto nella promozione dell’uomo mediante il servizio educativo, un servizio che sollecita tutti (adulti e ragazzi) a prender coscienza delle risorse personali e ambientali per implementarle e, nel contempo, dei mali che umiliano l’uomo e la società per superarli. Nelle numerose attività di servizio civico gli scout sono stati presenti nei luoghi ove si sono verificate emergenze, partecipano alle attività di protezione civile, preparandosi adeguatamente a intervenire. Vengono realizzati progetti di aiuto ai Paesi del “terzo mondo”. In Sicilia (e non solo) gli scout tra le priorità educative prestano particolare attenzione ai problemi riguardanti la legalità, l’emarginazione e l’ambiente23. Oltre a interagire con le istituzioni e con i movimenti che si interessano di dette problematiche, organizzano specifiche iniziative di formazione, in particolare per i giovani e per quanti prestano servizio educativo. Per esempio, il centro di Fondo Micciulla in Palermo24, un bene sequestrato alla mafia e assegnato agli scout, è divenuto luogo di stage e di seminari, anche a livello nazionale, per l’educazione alla legalità e alla non violenza. In occasione del Centenario gli educatori scout sono stati sollecitati a prestare forte attenzione al disagio, all’emarginazione giovanile, ai quartieri più poveri per dare a tutti i ragazzi la possibilità di crescere adeguatamente e pienamente. Per riflettere su questo problema si è svolto nel novembre 2007 un convegno nazionale a Napoli25.
La progettualità, l’interazione tra il dire e il fare, l’impegno concreto e costante, la maturazione di capacità idonee a risolvere i problemi, il confronto e la cooperazione tra pari e tra generazioni e culture diverse, lo spirito di servizio, la riflessività costituiscono di certo ottimi antidoti a comportamenti illegali, passivi o di sterile assistenzialismo che umiliano la persona e ostacolano lo sviluppo della nostra società.
7. Quali le sfide per il futuro?
La società attuale e il futuro che avanza sfidano il Movimento scout. Il progetto nazionale 2007-2011 dell’AGESCI porta il significativo titolo “Il futuro, una speranza da costruire”26. È l’invito a essere responsabili costruttori del domani, piuttosto che sterili consumatori. La maturazione di una fede solida, la valorizzazione del metodo scout e l’educazione alla cittadinanza sono i punti forti del progetto che le varie realtà locali incarneranno nei vari territori. Lo scautismo vuole ancor oggi dare il proprio contributo per costruire un futuro migliore.
Ritengo che alcuni aspetti tipici dello scautismo da valorizzare adeguatamente, sia negli ambienti scout che in ogni ambiente educativo, perché risorse per l’oggi e per il domani, siano:
a. Essenzialità
In una società “complessa” che privilegia il consumo e il superfluo, l’essenzialità è un valore da riscoprire giorno per giorno. Essa è l’arte di scegliere quel che vale. Nella vita scout vengono valorizzate quelle azioni della quotidianità che fanno maturare comportamenti che privilegiano questo aspetto. Ci sono, infatti, tante azioni dello scouting che educano all’essenzialità. Per esempio: il preparare lo zaino o il menù, l’utilizzo dei pali e del cordino per le costruzioni, il saper scegliere il servizio utile piuttosto che quello che gratifica… Una intensa e vera vita all’aperto è una continua scuola di essenzialità!
L’educazione all’essenzialità aiuta a divenire “costruttori” piuttosto che sterili “consumatori”; aiuta a misurare il parlare in una società di chiacchieroni; insegna a valorizzare tempo, spazi, risorse. Favorisce la trasparenza dell’agire e del dire, sviluppa il senso del limite, aiuta a superare una mentalità di violenza, fa camminare senza inutili zavorre materiali e mentali.
b. Avventura
Lo spirito di sana avventura è necessario in una società che spesso presenta come modelli di avventura la sopraffazione, il consumismo, lo sterile protagonismo, la strumentalizzazione della persona, la simulazione, l’alienazione, la fuga dalla realtà, l’apparire piuttosto che l’essere… Non possiamo trascurare che i ragazzi hanno bisogno di avventure che li aiutino a crescere; necessitano di essere educati a “saper rischiare sul probabile”, a non aver paura del nuovo, a possedere il senso del limite. Se gli educatori non sanno loro offrire valide ed educative occasioni di avventura, i ragazzi si tuffano in pseudo-avventure, in avventure alienanti, folli e spesso mortali.
L’avventura per gli scout è una “strategia educativa”. Essa caratterizza la vita scout, è esperienza concreta; è esercizio e sviluppo di conoscenze e abilità per la maturazione di competenza; è impegno “a volare in alto”. Lo scautismo è, infatti, capacità di giocar bene il “grande gioco della vita”, è gusto di impegnarsi sino in fondo, è ricerca di soluzioni nuove per risolvere i problemi che si incontrano, è voglia di far bene ogni cosa.
L’avventura richiede gioia, competenza, impegno, disponibilità, vivacità intellettuale e progettuale, costanza, sacrificio, capacità di mettersi in gioco. Lo spirito di avventura unisce l'iniziativa personale, la fantasia, la competenza a quella dose di spregiudicatezza e di rischio propria del ragazzo, in un’esperienza continua di conquista e di realizzazione di un progetto voluto e condiviso. La vita all’aperto è il luogo tipico e insostituibile dell’avventura scout! È una vita all’aperto pienamente e competentemente vissuta, non simulata o ovattata. La vera avventura è supportata da grandi ideali, è lo spirito dei santi e dei profeti, è lasciare il sicuro per il probabile, è saper guardare oltre l’orizzonte… L’avventura scout è, in particolare, una grande risorsa per gli adolescenti.
Lo scautismo ha alcuni simboli tipici dell’avventura: la tenda, il fuoco, le stelle, le carte, le tracce, i sentieri. Ha dei mezzi specifici: il campo e le uscite, gli hikes, le routes, le veglie, il deserto, il gioco. Ha azioni ben definite: prepararsi, scegliere, orientarsi, confrontarsi, valutarsi, aiutarsi, riflettere, prendere decisioni rapide, controllare le emozioni, mettersi in cammino…
c. Competenza
Oggi, in campo educativo, c’è un forte dibattito sul significato e sul valore delle competenze e della competenza. La competenza ha un valore personale e sociale. Lo scautismo ha sin dalle origini valorizzato l’esercizio di competenze per acquisire la competenza del vivere con e per gli altri. Lo scautismo è, infatti, capacità di servire: “Non c’è scautismo senza servizio” (B.-P.). Per far ciò occorre avere disponibilità, costanza, progettualità, umiltà e competenza. La competenza è, perciò, padronanza di conoscenze e abilità che diviene stile di vita, modo di interagire con se stessi e con il mondo.
Le tecniche tipiche dello scouting se ben adoperate fanno maturare specifiche competenze e conquistare dei valori (per costruire un tavolo al campo, per progettare e realizzare una route… occorre sviluppare il senso della progettualità, della comunità, dell’essenzialità, della disponibilità…). Sono tecniche utili a risolvere i problemi della quotidianità, fanno interagire mani e testa, favoriscono autonomia e responsabilità; sono attività concrete e nel contempo metafora del vivere (per esempio, topografia e orientamento insegnano a non perdersi e a ritrovarsi per raggiungere una meta, ed educano a progettare il cammino della propria vita e a superare le difficoltà in base a un orientamento valoriale).
Competenza è anche saper fare interagire il bene e il bello, ciò che è utile e ciò che è buono. Si pensi, per esempio, alla scelta del luogo ove situare un campo scout: c’è da tener conto di criteri di efficacia e di efficienza, di estetica e di rispetto dell’ambiente. C’è da assicurare ordine e pulizia, da utilizzare adeguatamente gli spazi e i materiali, da valorizzare creatività e competenza, da costruire un ambiente accogliente; c’è da assicurare un’idonea e costante manutenzione; c’è da cooperare utilizzando le competenze di ciascuno e favorendo il cosiddetto “trapasso delle nozioni” perché ognuno sia una risorsa per l’altro... Questo significa mettere la competenza al servizio del bene comune. Questo è esercizio di cittadinanza attiva!
8. Alla conquista della vera felicità
L’uomo da sempre ha cercato la felicità. Non sempre gli stili di vita e i modelli presentati hanno aiutato i più giovani (e anche gli adulti) a seguire percorsi idonei a vivere felici. Anzi talora promuovono una felicità alienante e fatua, perciò falsa. Qual è il segreto della vera felicità? Non è un problema solo degli scout.
Baden-Powell nel suo ultimo messaggio agli scout così scriveva: “Il Signore ci ha messo in questo mondo per essere felici (…). Io ho avuto una vita felice (…) desidero che anche voi l’abbiate (…). La felicità non dipende dalle ricchezze né dal successo nella carriera, né dal cedere alle nostre voglie (…). Il segreto della vera felicità sta nel far felici gli altri! Procurate di lasciare questo mondo migliore di come lo avete trovato e, quando suonerà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di avere fatto del vostro meglio”27.
Lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI recentemente ci ha ricordato che noi siamo chiamati alla gioia, e “sì, la gioia entra nel cuore di chi si pone al servizio dei piccoli e dei poveri”28.
1 Riccardo Massa, Saggi critici sullo scautismo, Nuova Fiordaliso, Roma 2001, p. 74.
2 Giuseppe Varchetta, Apprendimento e competenze strategiche, Franco Angeli, Milano 2004, p. 37.
3 Paul Ricoeur, Etica e morale, trad. it., Morcelliana, Brescia 2007, p. 9.
4 CENSIS, 41° rapporto sullo stato sociale del paese, CENSIS, Roma 2007, disponibile sul sito www.censis.it.
5 R. Baden-Powell, Il Libro dei Capi, trad. it., Nuova Fiordaliso, Roma 1999. p. 17.
7 R. Baden-Powell, “Ultimo messaggio agli esploratori”, in Scautismo per ragazzi, trad. it., Nuova Fiordaliso, Roma 1999, p. 355.
8 R. Baden-Powell, Il Libro dei Capi, cit., p. 36.
12 “Saluto il gruppo degli Scouts d’Europa - ha affermato il Santo Padre - che questa mattina con la loro presenza intendono riaffermare la loro partecipazione ecclesiale, dopo aver rinnovato la promessa scout, che li impegna a compiere il proprio dovere verso Dio e a servire gli altri con generosità” (Benedetto XVI, Discorso all’udienza generale del 1° agosto 2007).
15 Regolamento metodologico dell’AGESCI, Nuova Fiordaliso, Roma 2001, p. 41, art. 33.
16 R. Baden-Powell, Il Libro dei Capi, cit., p. 21.
17 Dalla “Relazione del Comitato Centrale AGESCI al Consiglio generale 2005”, Scout. Rivista per i Capi, n. 24-16, settembre 2005, p. 14.
18 Baden-Powell, Scautismo per ragazzi, cit., p. 305.
19 AGESCI, Sentiero Fede, Nuova Fiordaliso, Roma 1997, p. 13.
20 Guy de Larigaudie, Stella in alto mare, trad. it., Nuova Fiordaliso, Roma 2000, p. 15.
21 Cfr. Giovanni Perrone, “La luce e il mistero nella Parola di Dio”, in Atti del Convegno “Mario Giuseppe Restivo, la frequentazione della luce”, Centro Studi Restivo, Palermo 2003, pp. 9-15.
22 R. Baden-Powell, Taccuino, trad. it., Nuova Fiordaliso, Roma 2001, p. 207.
25 Convegno “Fuori registro”, Napoli 24-25 novembre 2008. Gli atti sono pubblicati sul n. 8 /2007 della rivista AGESCI “Scout – Proposta educativa”, disponibile sul sito www.agesci.it.
26 AGESCI, Progetto nazionale, cit.
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